Ricerchiamo una risposta alle nostre fragilità osservando la natura.
Durante il lockdown di Marzo 2020 molti di noi si sono ritrovati a fronteggiare duramente e obbligatoriamente le loro fragilità. Ci sono stati imposti dei limiti da rispettare nei nostri spazi vitali per preservarci dalla nostra più grande fragilità in quanto esseri umani, la morte.
Non toccarsi, non avvicinarsi, non riunirsi.
Non toccarsi, non avvicinarsi, non riunirsi.
Ci è rimasto osservare. Dall’interno verso l’esterno. Dall’interno delle nostre case siamo rimasti sospesi in questo limbo tra esterno e interno, chi dal balcone, chi dal terrazzo, ad osservare la natura che, in quel preciso momento, si risvegliava dal torpore dell’inverno per esplodere e rinascere nella primavera. Ma allo stesso modo siamo rimasti sospesi nei nostri personali limes, che dall’interno verso l’esterno spingevano ponendo domande incessanti nonostante le risposte fossero poche o nulle di fronte a qualcosa che, per quanto scontato dal punto di vista biologico, non riuscivamo comunque a comprendere. Alcuni hanno iniziato ad occuparsi di questo limbo fisico e la natura era ancora la risposta alle nostre fragilità. I balconi cominciano a riempirsi di piante, di natura. E con l’aiuto di questi organismi abbiamo iniziato a scandire le nostre giornate, ad occuparci di loro con la nostra ottica antropocentrica e presuntuosa.
Ma in questa attenzione, questa cura antropocentrica dove l’essere umano risulta essere sempre deus ex machina, c’è probabilmente un desiderio di dominio e di controllo nei confronti di qualcosa che è completamente in grado di autosostentarsi (gli organismi eterotrofi dipendono dagli organismi autotrofi) e proprio per questa proprietà a noi risulta incomprensibile, sfuggevole e paradossalmente fragile. Questo progetto video/fotografico propone l’inversione di queste realtà, la natura viene osservata dalla macchina-uomo come si potrebbero osservare e controllare dei detenuti, con occhio indagatore a debita distanza e circospezione. Il punto di vista è posizionato nel balcone di casa, limes fra l’esterno e l’interno del luogo casalingo ma metaforico rispettivamente alla situazione di limbo introspezione - estrinsecazione nella quale ci ha posto la situazione del lockdown dispetto alle nostre fragilità oltreché limite fisico nella quale siamo stati costretti per necessità. La natura “domestica”, il giardino di casa, però si apre ad un dialogo con chi la osserva in maniera così diffidente ed insistente. Il dialogo ci vuole far riflettere sulla nostra condizione fragile e inconsapevole rispetto l’importanza di una democraticizzazione delle fragilità al fine di un benessere comune e pone l’attenzione sull’importanza del senso di collettività che spesso sfugge alla concezione, per l’appunto, antropocentrica e intollerante nei confronti delle fragilità stesse.
Il testo narrato nel video è tratto da “Elogio della fragilità“ di Roberto Gramiccia.